Un pomeriggio di qualche tempo fa, costretta ad un lockdown ante litteram da Una cosa divertente che non farò mai più, per distrarmi dal perlustrare in continuazione la casa in cerca di escrementi di cucciolo, affidai all’internet il mio intrattenimento. E nel bel mezzo di una di quelle ricerche senza capo nè coda per cui, partendo dal meteo di domani a un certo punto ti sorprendi a googlare “quanto pesa un capibara”, finisce che mi ritrovo nel sito dell’AKC Canine College: la piattaforma di e-learning dell’American Kennel Club (l’ENCI a stelle e strisce) rivolta a giudici, groomers e allevatori statunitensi, sulla quale vengono messi a disposizione – gratuitamente – seminari di genetica, anatomia e sistemi di allevamento canino.
Che te lo dico a fare: in un attimo rispolvero la mia (fin a quel momento) inutile Laurea in Lingue, mi metto in lista e dieci minuti dopo sono lì, carta e penna alla mano a divorarmi la prima lezione. Entro la fine del mese successivo avevo già seguito tutti i corsi, sostenuto i relativi esami e ricevuto per posta gli attestati.
Ma soprattutto avevo arricchito notevolmente il mio bagaglio culturale di strumenti che, per come la vedo io, non dovrebbero mancare nella valigetta di chiunque si avventuri in cinofilia con intenzioni serie.

Tra questi, a catturare la mia attenzione è stato un concetto di cui finora nessuno in Italia si è occupato e che invece gli americani ritengono opportuno padroneggiare quanto lo Standard di razza e le leggi di Mendel, poichè da solo è capace di mandare a donne di facili costumi anche il più prestigioso progetto allevatoriale, e che per questo è stato brillantemente messo a fuoco e circoscritto come una vera e propria “malattia”, molto facile da riconoscere ma estremamente difficile da autodiagnosticarsi.
La cosiddetta kennel blindness.

Letteralmente significa “cecità/mancanza di visione dell’allevamento” e consiste nell’incapacità o nel rifiuto da parte di un allevatore di riconoscere i difetti e/o i fallimenti nei propri cani se non, addirittura, nella propria opera di selezione.

Mica cotiche, eh?
Praticamente è la storia dello scarrafone che manda tutto a scatafascio, mentre te svarioni e sei persino l’unico a non rendersene conto.
Sembra assurdo, eppure il fenomeno è reale ed esteso quanto basta a giustificare la presenza di un autorevole studio, realizzato dalla ricercatrice americana Claudia Waller Orlandi, la quale me ne ha gentilmente concesso il riferimento al fine di aiutare chi quest’anno fosse in ritardo con l’esame di coscienza a rimettersi in pari.
Come dicevo infatti è piuttosto facile, e a tratti rassicurante, individuare questa “disfunzione” nell’operato degli altri, ma ritengo sia decisamente più utile e costruttivo cominciare escludendola dal proprio, attraverso un confronto diretto con la sua sintomatologia, patogenesi e cura.

Puoi essere definito kennel blind se:

  1. Guardi i cani degli altri focalizzandoti sui loro difetti, ignorandone i pregi.
    Chi è affetto da kennel blindness infatti, tende a individuare immediatamente tutto-quello-che-non-va nei cani degli altri bypassandone i punti di forza, senza considerare che lo Standard possa prevedere più varianti accettabili della stessa caratteristica (i.e. canna nasale dritta o leggermente montonina; mantello di un colore più o meno carico, lo sperone si o no…).
    Cosa puoi fare?: rileggi lo Standard di razza, accettando il fatto che ad uno stesso connotato possano corrispondere più tipi corretti. Allena l’occhio a trovare nei cani allevati e/o posseduti da quelli che ti stanno sui maroni, prima i pregi e dopo i difetti. E smetti di rosicare.

  2. Credi di aver allevato il cane perfetto
    Nessuno ha mai allevato, nè riuscirà mai ad allevare, il cane perfetto e per quanto tu riesca ad andarci vicino, su certi dettagli avrai sempre dei margini di miglioramento.
    Cosa puoi fare?: renditi conto che ciò che tu adesso ritieni perfettamente rappresentativo della razza è già cambiato nel tempo e lo farà ancora, così come il grado di priorità che ogni allevatore assegna alle diverse caratteristiche nella razza che alleva (testa, angolazioni, movimento).
    E abbassa anche un pò la cresta.

  3. Il tuo cane non vince ed è sempre colpa del Giudice, dei sabotaggi, della moquette.
    Le esposizioni di bellezza sono il luogo in cui più facilmente la kennel blindness si manifesta in tutto il suo ottuso splendore. Ma se talvolta un giudizio poco calzante può far arrabbiare con ragione, classificarsi costantemente dopo la banda dovrebbe quantomeno insospettirci, fino a farci considerare l’amara ipotesi che l’esemplare al nostro guinzaglio mostri un’aderenza allo Standard morfologico inferiore rispetto alla concorrenza.
    Cosa puoi fare?: chiedi a persone competenti di giudicare oggettivamente il tuo cane e ascolta la loro valutazione con mente aperta e voglia di migliorarti.
testa-bracco-italiano-bianco-arancio-melato

Tutto bene fin qui?
Magari sei asintomatico, scopri se rientri in una categoria a rischio!
La kennel blindness si presenta più frequentemente in:

  • Allevatori della domenica
    Quelli della cucciolata fai da te, insomma. Persone che si lasciano trasportare dall’amore per il proprio animaletto domestico mettendolo in riproduzione non per fare selezione, ma per il gusto di.
  • Allevatori che non hanno l’occhio per il cane
    C’è poco da fare, con l’occhio cino-clinico ci si nasce. Per dire che nonostante tutto lo studio, lo sbattimento e l’esperienza, può essere che alcuni di noi amatori/selezionatori non riescano comunque a valutare adeguatamente morfologia, movimento e attitudine dei propri soggetti, non cogliendone quindi le carenze.
  • Allevatori che in passato hanno prodotto cani di qualità ma che oggi fanno fatica a mantenersi ai vertici
    Chi nel proprio Palmares vanta la produzione di grandi Campioni, non vede l’ora di annunciare la prossima star nata sotto il cielo del suo canile. Questa smania può renderli inclini a chiudere un occhio su alcuni difetti dei loro cani.
  • Allevatori che dispongono di pochi soggetti
    Lavorare con risorse limitate rende ancor più difficile ammettere a sè stessi le eventuali lacune nella propria condotta allevatoriale. Cioè si tira a “far ciccia” con quello che si ha, talvolta a danno della qualità.
  • Allevatori che dedicano ai propri cani ogni singolo attimo della loro vita
    Fare dei propri cani l’unica ragione di vita infatti, può compromettere l’oggettività con la quale dovremmo giudicarli.

Ove qualcuno di questi scenari ti suonasse familiare, sappi che non è tardi per correre ai ripari.
Eccoti qualche dritta per invertire lo rotta o aggiustare il tiro!

  1. Evita di enfatizzare certe caratteristiche a discapito della correttezza dell’insieme
    Che sia la testa, il movimento, il portamento della coda, il colore o la ferma, focalizzare la propria attenzione su un’unica caratteristica può farci perdere la visione d’insieme e l’orientamento verso l’aderenza allo Standard nel complesso. Ma ancor peggio, può far sì che difetti gravi s’insinuino nella nostra linea di sangue mentre noi siamo ossessionati dalla cura spasmodica di un singolo dettaglio.

  2. Per capire fino a che punto tu sia kennel blind, chiedi a persone affidabili e qualificate di giudicare i tuoi cani
    Rivolgiti ad un Giudice esperto, un Allevatore che stimi, insomma qualcuno che conosca a fondo la razza di cui ti occupi e sappia indicarti, senza peli sulla lingua, vizi e virtù dei tuoi soggetti.
    Dopodichè confronta i loro giudizi con il tuo!

  3. Ammetti di avere un problema
    Realizzare che il cane sul quale avevamo scommesso non è all’altezza delle aspettative e che l’unica cosa sensata da fare sarebbe rimuoverlo dalla linea riproduttiva per ricominciare da zero, magari con una spettacolarissima inversione a U, è certamente difficile e spaventoso.
    Ma è anche sinonimo di serietà e maturità.
    Nonchè l’unico modo per raggiungere veramente i nostri obiettivi.

    In bocca al lupo.
bracchi italiani roano marrone esposizione

Articolo di riferimento:
Kennel Blindness di Claudia Waller Orlandi, Ph.D.

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