Quando avevo 7 anni e i miei genitori decisero di smetterla di appiopparmi un peluche ad ogni ricorrenza e regalarmi finalmente un cane vero, fu stabilito all’unanimità che la scelta più giusta fosse quella di prenderlo al canile. Partimmo dal municipale della nostra città e in breve tempo avevamo bussato alla porta di tutti i rifugi della provincia, per ritrovarcela sistematicamente sbattuta in faccia: nessuno voleva affidarci un cane perchè mio padre, come del resto tutti gli uomini della sua famiglia da generazioni, era un cacciatore.

Estate 1994 la sottoscritta con Angela Francini


Poco importava che lui fosse – prima di tutto – un giovane cinofilo smanioso di trasmettere ai suoi figli questa passione permettendogli di crescere con un cane dentro casa, nessuno osò credere alla sua buona fede, negando così alla mia famiglia l’opportunità di compiere una buona azione ma soprattutto ad una qualsiasi di quelle povere anime, la certezza di una vita dignitosa.
Quella che alla fine donammo a Rudy, il cucciolo di Cocker Spaniel che, dopo l’ennesimo rifiuto, acquistammo in un prestigioso allevamento e che fin dal nostro primo incontro mi ha messa sulla strada che mi ha portata dove sono.

Sebbene non mi sia stato concesso di viverla in prima persona, sono comunque convinta che qualora si desideri un cane e non si abbiano esigenze specifiche, l’adozione resti in molti casi un ottimo punto di partenza. Anche quando si parla di Bracchi Italiani.
Da certi punti di vista, specialmente quando si parla di Bracchi Italiani.

Mi capita spessissimo infatti di relazionarmi con persone di diverse estrazioni e di tutte le età che, su basi prettamente estetiche, si dicono innamorate della razza e vorrebbero portarsi a casa un cucciolo da impegnare, il più delle volte, nell’ardua impresa di “fargli compagnia”, senza sapere realmente cosa implichi possedere ed appagare un cane concepito e tutt’oggi selezionato a scopo venatorio.
E’ importante tenere presente che il semplice fatto di non destinare un soggetto a questa pratica non sminuisce di una virgola l’antichissima memoria di razza che gli scorre nelle vene e con la quale presto o tardi dovremo fare i conti. E che amare un bracco italiano significa soprattutto prendere atto della sua natura, capirne le necessità e accoglierne l’indole senza la pretesa di convertirlo nè, tantomeno, di salvarlo da se stesso.

Piuttosto dovremmo essere noi a chiederci “perchè proprio un bracco? ho tempo ed energie da dedicargli? sono pronto a sacrificarmi e/o ad adattare il mio stile di vita ai bisogni psico-fisici di un cane da caccia?
Se la maggior parte delle risposte suonano come un “sì, lo voglio” siamo sul binario giusto, ma prima di catapultarci in un qualunque allevamento reclamando un cucciolo, perchè non unire l’etico al dilettevole accarezzando l’ipotesi di adottare un soggetto più maturo?
Attingendo anche alle preziose esperienze delle mie amiche Laura e Daniela, braccofile per passione e adottanti (seriali) per scelta, ecco qualche spunto su cui riflettere!

  1. Non è tutt’oro quel che cucciola
    Oltre ad essere una delle cose più spupazzevoli del creato, i cuccioli di bracco italiano sono anche insospettabili concentrati di iperattività e curiosità, caricati a pile duracell, che arrivano lanciati a tutta birra nella vostra vita per renderla senza dubbio più allegra, ma anche decisamente più avventurosa.
    Occuparsi di un cane da caccia sin dall’infanzia – soprattutto se si ha il problema di dover lavorare per vivere e/o non si dispone di un giardino – significa dover trovare quotidianamente tempo ed energie da spendere in attività di intrattenimento canino via via più complesse, gestire deliri di distruzione domestica, perdersi in passeggiate che lentamente si trasformano in gare di triathlon (con grandi momenti di suspance ad ogni incontro con pennuti e conigliformi) e perseverare in vani tentativi di impartire un minimo di educazione civica al demone che abita il suo corpo, al quale solitamente basta uno sguardo per tirarti scemo e cavarsela impunito.
    Impossibile da fare? Certo che no.
    Impegnativo? Direi parecchio. C’è chi per disperazione ha dovuto recintare un’intera collina e per pretesto aprirci un BnB.
    In questo senso, un soggetto adulto (4-8 anni) oppure anziano (dai 9 anni in su), per quanto resti un cane da lavoro bisognoso di un impegno mentale ed esercizio fisico costanti, è ormai fuori dal tunnel del divertimento scalmanato e risulterà più tranquillo e gestibile soprattutto in ambiente casalingo, adeguandosi con sobrietà anche ai momenti di pausa e di solitudine.

2. Ma non staremo a fa ‘na cazzata?
Sapendo grosso modo cosa ci riserva l’esorcismo di una bestia di satana in progress cucciolo, scegliere di adottare un bracco già grande, magari poco incline all’attività venatoria o soltanto “depotenziato” dall’età, può essere un buon modo di approcciarci alla razza per conoscerla, toccarne con mano le esigenze e capire se il nostro può essere veramente un matrimonio d’amore. Qualunque percorso decideremo di intraprendere in seguito – se ricominciare con un cucciolo, cercare un altro adulto o darci all’ippica – avremo comunque donato ad un cane l’affetto che nessuno avrebbe dovuto negargli, ma soprattutto l’opportunità di insegnarci ad amare con nuova consapevolezza chi verrà dopo di lui.

3. Il cucciolo è un’incognita, l’adulto una solida realtà
Nessuno, neanche l’allevatore più esperto può garantirti al di là di ogni ragionevole dubbio cosa ne sarà del piccolo che ti stai portando a casa. Diventerà un buon cane da caccia? un bel soggetto da esposizione? un cane da prove? soffrirà la macchina? andrà d’accordo coi gatti? sarà completamente sano? Lo scopriremo solo vivendo.
Ma se sei uno a cui non piacciono le sorprese e delle questioni di cui sopra non te ne potrebbe fregare di meno – perchè magari i gatti non li sopporti neanche tu – sfondi una porta aperta: un cane stagionato è già fatto e finito, bello vero, che ti arriva con la sua personalità, la sua stazza definitiva, i suoi pregi e i suoi difetti, pronto a mettersi nelle tue mani chiedendoti semplicemente di comprenderlo e accettarlo per quello che è.
Proprio come lui farà con te.

4. Sai cosa ti aspetta
La contenuta diffusione della razza fa sì che la maggior parte dei bracchi italiani in difficoltà non si trovi nei canili ma presso associazioni che si occupano di recuperare questi soggetti, fargli il tagliando, rimetterli in sesto e poi affidarli ad una nuova famiglia.
Di conseguenza il cane ci viene proposto con allegata la sua cartella clinica e alla luce di eventuali problematiche assodate che possono essere legate al carattere (per esempio timoroso) o allo stato di salute (dermatiti, leishmaniosi ecc…) delle quali possiamo scegliere di farci carico o meno, all’insegna del libero arbitrio e della trasparenza a doppio senso.
In quest’ottica, avremo anche maggiori possibilità di scegliere il soggetto che per attitudini, età o bisogni meglio potrebbe adattarsi alle nostre abitudini e al nostro stile di vita.

5. Sei grande e vaccinato
Per di più con un cucciolo, proprio come accade con un bambino, si devono avere mille attenzioni.
Che non si faccia male, che non si stanchi troppo, che mangi perfettamente bilanciato sennò mi cresce tutto storto, che socializzi con altri cani senza vivere esperienze traumatiche, che non si prenda una malattia prima dell’ultimo richiamo del vaccino e così via. Tutta una serie di menate che con l’adulto sono acqua passata da quel dì ed in barba alle quali puoi coinvolgerlo da subito nelle attività che preferisci, dallo sport alle scampagnate in alta quota, da un week end al mare alle 4 ore di passeggiata intorno a casa alla faccia della zona rossa.

6. Non solo rottami
Si pensa che adottare un cane sia un pò come fare harakiri, accollandosi i problemi che qualcun altro ha schivato.
In realtà esistono mille motivi per cui un cane, soprattutto da caccia, può all’improvviso ritrovarsi senza fissa dimora e molti di questi, più che alle caratteristiche del soggetto, sono talvolta riconducibili ai limiti e/o alle esigenze dell’uomo.
Penso agli allevatori che disponendo di tantissimi bracchi danno volentieri in affidamento i riproduttori a fine carriera (e spessissimo si tratta di Campioni di Lavoro e Bellezza, quindi cani belli bravi ed equilibrati), i soggetti anziani o quelli che per minuzie tecniche non sono utilizzabili in riproduzione.
Ma c’è anche a chi si è portato a casa un cucciolo con leggerezza per poi scoprirsi incapace di gestirlo. Oppure chi ha scelto di accompagnarsi ad un bracco nell’attività venatoria ma, accortosi di non avere nè la sensibilità nè le competenze per prepararlo a dovere, preferisce disfarsene in favore di qualcosa di meno filosofico e più performante.
A scanso di problematiche oggettive, se è vero che niente ha valore assoluto, in ciò che altri reputano inutile noi potremmo trovare un tesoro.

7. Scurdámmoce ‘o ppassato
Possiamo non sapere da dove venga o cosa abbia vissuto nei capitoli precedenti della sua storia, ma se siamo disposti a guidarlo con impegno e dedizione, nessun bracco è perduto.
Fatti i conti con eventuali strascichi del passato, l’indole mite e pacifica consentirà al nuovo arrivato di abituarsi in fretta agli equilibri della nostra famiglia, accogliendo il cambiamento con l’adattabilità e la contentezza perpetua che caratterizzano la razza.
Ciò non significa darlo in pasto agli equilibri domestici (altri cani, altri animali, bambini) senza alcuna supervisione perchè tanto è buono e ci mette una pezza da solo. Il suo inserimento nel nostro quotidiano ci richiederà la stessa pazienza e la stessa comprensione che avremmo con cucciolo ma in un tempo generalmente minore, sgomitando con la dolcezza e la saggezza che l’età porta con sè, anche un adulto riuscirà ad infilarsi in tutti i frangenti della nostra vita, facendoci scordare com’era il mondo prima di lui.

8. Un legame diverso non vuol dire meno intenso
Quello che ci lega ai nostri cani è sempre qualcosa di unico e inimitabile. E’ una questione di feeling, di carattere, di sensibilità, di complicità, del tempo che trascorriamo insieme rotolandoci su un prato o condividendo una passione. Non sta scritto da nessuna parte che il rapporto che si crea con un cane adottato sia meno forte o profondo di quello che ci legherebbe ad un cucciolo cresciuto da zero, anzi.
Un cane che ha conosciuto l’isolamento o ha trascorso i suoi anni migliori dentro un box, sopportando il freddo, il caldo, le zecche o il dolore sa bene che chiunque voi siate o per quanto sia piccola la vostra casa, a sto mondo c’è di peggio e coglierà al volo l’opportunità di condividere gli spazi domestici e i momenti in famiglia, legandosi a voi in un’amicizia più matura ma ugualmente forte e affettuosa.

9. Le adozioni del cuore
Sono quelle che riguardano soggetti molto anziani o affetti da patologie che richiedono cure o attenzioni particolari che non tutti sono in grado di offrire. Per fortuna nella nostra razza questi casi non sono all’ordine del giorno ma, qualora se ne avessero le possibilità economiche e spazio-temporali, prendersi cura di un cane che più di altri ne ha bisogno, concedendogli di trascorrere i suoi ultimi anni nel calore di una casa, secondo me ti ripulisce la coscienza, la fedina penale e ti spalanca le porte del Paradiso.

10. And I’m feeling good
Qualora non ve ne faceste nulla dell’eterna beatitudine, rilancio con l’impagabile pace interiore conferita dalla consapevolezza di aver fatto del bene.
Per quanto mi riguarda, l’amore di un cane non si compra e non si adotta ma si costruisce, come o quando ci incontriamo è del tutto irrilevante.
Ma non è mai tardi per aiutare chi è in difficoltà, lasciandolo entrare nella nostra vita e permettergli di salvarci.

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