Ogni ambito, branca o argomento ha il proprio gergo.
Termini specifici altrimenti desueti o nell’uso comune carichi di tutt’altro significato, che fanno riferimento a concetti e nozioni così esclusivi, da risultare accessibili soltanto agli esperti del settore.
Il mondo del Bracco Italiano non fa eccezione.
Per questo, conversando con cinofili d’annata, non è strano ritrovarsi ad annuire per inerzia e con sguardo bovino, mentre il nostro interlocutore snocciola vocaboli klingon, dando vita a sillogismi sicuramente affascinanti ma che per noi non hanno alcun senso.
E’ questione di inesperienza e ci siamo passati tutti.
Ecco perchè a beneficio di neofiti, appassionati e animi curiosi ho deciso di convogliare in questa sorta di piccolo glossario le tematiche ricorrenti, le parole chiave e quelle più particolari legate al Bracco Italiano che lo raccontano in tutte le sue sfaccettature, per offrirne un ritratto a grandi linee.
Onde evitare l’effetto mappazzone indigeribile però, in questo capitolo ho deciso di omettere tutto ciò che riguarda la sfera venatoria e la cinofilia agonistica, sufficientemente ampie e complesse da meritare – ciascuna – un glossario dedicato.
Buona lettura.
Passato, presente e futuro
Bracco: nell’accezione comune il termine bracco e il verbo braccare sono sinonimi di chi insegue la preda come farebbe un segugio. In realtà la voce brakko o brach (rompere) sarebbe di derivazione germanica, e usata per indicare il cane da caccia, puntatore, che idealmente irrompeva nel bosco per stanare e alzare la selvaggina.

Caccia: dove il Bracco Italiano trova i natali e la sua vera essenza, fatta di istinti irrefrenabili generosamente messi al servizio dei cacciatori durante lo svolgimento di una pratica antica come il mondo. Non l’uomo ma l’arte venatoria ha forgiato intimamente la razza, comprendendola e modellandola prima e più a fondo di noi.
Cane da ferma: il Bracco Italiano delle origini fu il più antico cane da ferma, nonchè capostipite di molti altri ausiliari a pelo corto, selezionati nei secoli per reperire la selvaggina in quanto dotati di notevoli capacità olfattive che, impiegate in un’avida attività di cerca gli permettessero di individuare la preda per poi indicarla, grazie ad un’innata propensione alla ferma. Benchè l’ambiente e le diverse esigenze abbiano conferito ad ognuna peculiarità specifiche, al medesimo scopo devono la propria natura quelle razze che dal bracco o come il bracco nostrano appartengono al gruppo 7 della classificazione FCI: Kurzhaar e Drathaar, Spinone, Viszla, Weimaraner, Korthals, i bracchi francesi e spagnoli, l’Epagneul breton, il Pointer e i Setter.


Arte: ha accompagnato il viaggio del bracco italiano dagli albori, testimoniando la sua evoluzione in prosa e in pittura. Arcinoti i riferimenti di Senofonte a dei cani che cacciavano la lepre arrestandosi invece di assalirla, dopo di lui tantissimi nelle proprie opere hanno menzionato soggetti la cui parvenza o la cui movenza ricordavano quelle del bracco, tra questi Plinio il Vecchio, Brunetto Latini, Dante nel Convivio, Erasmo da Valvasone, che quasi lo dipinge nel suo poema dedicato a La caccia e poi Lorenzo Tornieri nei versi che più di tutti ne custodiscono l’anima.
Bracco nobile: così era definito il bracco tipico della zona piemontese, bianco arancio e snello, che agli inizi del secolo scorso si contrapponeva al bracco di tipo lombardo, più tarchiato e roano marrone, prima che le due varietà dessero vita, insieme, al Bracco Italiano come lo conosciamo.
Ranza: una grande (in tutti i sensi) famiglia piacentina che a metà dell’800 diede vita all’omonimo ceppo di soggetti roano marroni, selezionandoli sulla base di criteri così rigidi e inflessibili – come il colore tonaca di frate e la disposizione delle roanature sul muso e intorno al collo – da portarli in breve tempo all’estinzione. Non prima però di aver segnato come pochi altri la storia della razza.
Piacentino: il tipo di bracco che andò plasmandosi sul finire dell’era dei “Ranza”, portandone avanti alcune caratteristiche come il marrone formentino, ma distinguendosi per una migliore prestanza fisica, dote che favorì la diffusione del bracco fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale.
Linfatismo: condizione ed indole che caratterizzava il Bracco Italiano d’altri tempi: lento, inutilmente appesantito e meno performante di quello moderno. Insomma, un cane che non brillava nè per tonicità fisica nè attitudinale, ma che per merito dei grandi allevatori del ‘900, oggi non è che un ricordo.

Paolo Ciceri: colui che significò la rinascita di una razza martoriata dalla Guerra, rigenerandola nella quantità e nella qualità morfo-funzionale attraverso un’ardua e appassionata opera di selezione, custodendo sotto l’affisso dei Ronchi i migliori bracchi del passato per renderli all’altezza del presente e padroni del proprio futuro.
Senza di lui la razza non sarebbe stata la stessa o non sarebbe stata affatto. Per questo motivo Paolino Ciceri è da sempre considerato, con ragione, “il Papà del Bracco Italiano“.

Edmondo Amaldi: insieme a Luigi Ciceri, zio di Paolo Ciceri e titolare dello storico affisso dell’Adda, Amaldi è da ritenere uno dei padri ricostituenti del nuovo Bracco Italiano. Il suo allevamento delle Forre sarà la fucina del ceppo moderno, producendo in pochi anni un altissimo numero di soggetti tipici e capaci di imporsi sul panorama venatorio dell’epoca passando alla storia, così come molti dei loro discendenti.
In foto Amaldi e la Campionessa Tenda delle Forre
SABI: la Società Amatori del Bracco Italiano fu istituita nel 1949 allo scopo di radunare sotto lo stesso cielo gli estimatori della razza che volessero diventarne i Pigmalioni, gettando nuove basi per una razza antica di cui valorizzare le naturali inclinazioni, la dolcezza dello sguardo e l’eleganza nel portamento, per migliorarla e guidarla verso l’alba di un meritato splendore.
Un invito alla partecipazione promosso dalle più grandi personalità braccofile di allora, che a distanza di 70 anni vanta ancora moltissime adesioni.
Consanguineità: fondamento di qualsiasi razza e sistema di riproduzione spesso utilizzato nell’allevamento animale per rafforzare, sia a livello genetipico che fenotipico, i caratteri desiderati presenti in due soggetti imparentati tra loro a diversi gradi (figli, fratelli, cugini). Avendo come scopo l’omozigosi dei suddetti caratteri per renderli dominanti, la consanguineità è un metodo di cui avvalersi con la massima cautela, poichè insieme ai pregi rischia di fissare anche i difetti quali tare comportamentali o malattie ereditarie, che potrebbero manifestarsi nei cuccioli ma solo se già presenti nel corredo genetico dei genitori.
Filosofo: calmo e riflessivo per natura, il Bracco Italiano è noto per essere un cane pensatore. Al nostro fianco a caccia come nel quotidiano, i suoi occhioni scrutano continuamente l’ambiente che li circonda e ogni nostro movimento, pronti a cogliere il minimo dettaglio per poi elaborarlo in quella mente brillante che lo eleva da semplice ausiliare a compagno di vita intelligente, affidabile ed estremamente sensibile.

Da divano: l’alter ego più temuto dai curatori dei cani da lavoro, la variante da compagnia. E’ questo uno dei volti più discussi del Bracco del nuovo millennio, ossia quello che lo vede molto più al centro della vita familiare ma anche più adagiato in poltrona o ripiegato negli sport piuttosto che coinvolto in appassionanti scene di caccia.
Due facce della stessa medaglia o inevitabile deriva?
Andature

Ambio: il cane si muove spostando contemporaneamente la zampa anteriore e posteriore dello stesso lato. Caratteristico di alcuni grandi mammiferi tipo il cammello, non è auspicabile nel bracco italiano.
Trotto: è il movimento simultaneo delle zampe diagonalmente opposte. Procedendo al trotto il cane può tenere ritmi più o meno serrati (trotto spinto) e produrre falcate più o meno ampie, che talvolta generano spettacolari fasi di completa sospensione dal suolo, anche se in generale si tratta di un’andatura di resistenza, ideale per percorrere lunghi tragitti risparmiando energia. In quanto prerogativa naturale del bracco italiano, è agevolato da una costruzione funzionale, dalla psiche del singolo soggetto nonchè dall’utilizzo della braga.
Galoppo: movimento veloce e preferibilmente pesante, favorisce la presa di terreno soprattutto quando questo mal si presta all’azione di trotto. Non appannaggio della razza ma talvolta necessario e tollerato.

Braga: brillante invenzione del dresseur professionista Rino Vigo, consiste in una pettorina alla quale viene applicata una cordicella scorrevole che, legata ai garretti del cane, gli impedisce di galoppare obbligandolo al trotto. Di nessuna rilevanza durante la normale attività venatoria, la braga è utile ad incentivare il movimento naturale del soggetto trottatore in previsione di una prova di lavoro, durante la quale è richiesto che il cane proceda al trotto il più possibile.
Dresseur: è l’addestratore, ovvero colui che cura la preparazione e la conduzione di un soggetto in prove di lavoro mettendone a frutto il potenziale attitudinale, funzionale e nel nostro caso venatorio. Un’altra figura che può rivelarsi cruciale per la carriera del proprio bracco è l’handler, professionista o amatore chiamato a valorizzare le doti morfologiche del cane sui ring delle esposizioni di bellezza in circuiti nazionali ed internazionali.
Morfologia
Divergenza: il tratto che per eccellenza contraddistingue la testa del bracco italiano. Testualmente, si parla di divergenza quando “l’asse longitudinale superiore del cranio s’incontra con l’asse longitudinale superiore del muso determinando inferiormente un angolo concavo ed esternamente un angolo all’opposto del concavo”.
Più facile a vedersi che a spiegarsi.


Entropio: quando la palpebra si ripiega all’interno dell’occhio. Si parla invece di Ectropio quando la palpebra è eccessivamente discesa e protesa verso l’esterno. Entrambe le conformazioni possono dare luogo ad irritazioni da sfregamento e congiuntiviti, essendo inoltre facilmente trasmissibili alla progenie, sono ritenute indesiderabili.
Gazzuolo: decolorazione dell’iride che appare troppo chiara in un range dal grigio ardesia al celeste. Questa condizione rappresenta un difetto congenito molto grave poichè si accompagna ad una vista debole.

Sguardo: perchè gli occhi sono lo specchio dell’anima anche per il Bracco Italiano, nonchè una delle caratteristiche che fanno la razza e quindi da preservare attraverso una selezione…oculata!
Lo sguardo del bracco infatti deve sprigionare dolcezza, serenità e intelligenza, l’espressione deve sempre risultare profonda, pacifica e quasi umana, mai spiritata o arcigna.

Montonina: caratteristica della canna nasale quando presenti un profilo convesso, ovvero un’incurvatura più o meno accentuata in prossimità del tartufo. Nota anche come naso romano, questa peculiarità si riscontra nelle teste con assi cranio-facciali divergenti ed è quindi apprezzabile nel bracco italiano ma anche in alcuni segugi, levrieri e terriers.

Prognatismo: quando la mascella superiore è più corta della mandibola (difetto congenito o acquisito).
Enognatismo: insufficiente sviluppo della mandibola che quindi risulta più corta della mascella (circostanza rara e sempre congenita).
Bava: è uno degli effetti collaterali legati alle labbra abbondanti e cadenti, nelle quali i liquidi tendono ad accumularsi nell’attesa di una bella scrollata per attaccarsi al soffitto. Sto scherzando (forse). In realtà le quantità e le modalità di produzione della bava sono soggettive e su di esse, oltre alla conformazione labiale, incidono molto le circostanze e la psiche del cane.

Giogaia: sono le due pieghe di pelle che scendono dalla mandibola al petto per tutta la lunghezza del collo. Prevista dallo Standard, è importante che risulti sempre morbida, ben divisa e discreta. Una giogaia troppo abbondante e grossolana è indice di cattiva selezione e linfatismo.
“A botte“: riferito al torace del Bracco italiano che dovrebbe presentarsi ampio, disceso fino al gomito, profondo cioè ben sviluppato in lunghezza, ma anche lateralmente, in larghezza, a formare una botticella cerchiata da costole ben curvate, che allarghino il torace nella parte inferiore e quindi anche il petto. Una struttura di questo tipo, oltre ad agevolare l’andatura al trotto, conferisce all’animale da lavoro una maggiore resistenza garantendo agli organi vitali un’ottimale funzionalità anche sotto forzo.


Carenato: si dice di un torace che invece va restringendosi nella parte più bassa. Caratteristico dei cani veloci, nella fattispecie galoppatori, non è proprio del bracco italiano.

Rottura all’undicesima vertebra: peculiarità propria dei trottatori che favorisce l’andatura di resistenza e il portamento eretto di collo e testa, dividendo il dorso in due segmenti: il primo che scende in linea retta dal garrese all’undicesima vertebra, il secondo che, leggermente incurvato, collega quest’ultima alla linea della groppa.
Caudotomia: è il taglio della coda negli animali. Generalmente vietata se non a scopi curativi, nel Bracco Italiano la caudotomia neonatale è consentita al fine di prevenire rotture e lesioni che il cane da adulto potrebbe arrecarsi durante l’attività venatoria, nella quale il movimento della coda si rivela essenziale espressione di stile e funzione.

Coda ardita: si riferisce ad un portamento sgradito della coda la quale, invece che in orizzontale, ovvero alla stessa altezza della linea dorso-lombare, viene portata in verticale, a bandiera. Poichè è proprio attraverso il movimento della coda che il Bracco Italiano manifesta le sue percezioni olfattive, la coda ardita costituisce un difetto dal punto di vista estetico ma soprattutto comunicativo, in quanto limita l’epressività del cane durante la cerca.
Sperone: è quel che resta del quinto dito degli arti posteriori. Un tempo costituiva caratteristica di razza mentre oggi non essendo più discriminante, può non essere presente oppure manifestarsi in forma singola o doppia.
Appiombi: si riferiscono agli arti anteriori e posteriori, che dovrebbero scendere verso il terreno “a piombo” in linea retta. In tal caso sono considerati regolari, mentre in presenza di deviazioni l’appiombo può essere definito: mancino se il metacarpo (arti anteriori) è deviato verso l’esterno;
vaccino i garretti (arti posteriori) tendono all’esterno rispetto alla linea retta;
cagnolo se il metacarpo o il garretto deviano all’interno.


Bianco arancio: sono i bracchi caratterizzati da un mantello a fondo completamente bianco e pezzature color arancio o ambra. Assimilabile ma da non confondere con il melato arancio, è delle quattro colorazioni descritte e previste dallo Standard, la più elegante e ricercata.

Melato arancio: si usa per descrivere i bracchi a pezzature arancioni che però presentano un mantello a fondo brizzolato. Diffusissimi ma senza che nessuno lo sappia, ce n’è per tutti i gusti.

Bianco marrone: piuttosto rara e inconfondibile, questa variante consiste di un manto a fondo completamente bianco e macchie color marrone.
Belli e (quasi) impossibili.

Roano marrone: la colorazione caratterizzata da grandi pezzature marroni, meglio se tonaca di frate, che si estendono lungo il corpo del cane, intervallate da aree tempestate di peli bianchi e marroni. Soggetti difficili da selezionare, anche per il rischio che rivelino eventuali focature, il loro allevamento è riservato ai capitani coraggiosi.

Focature: sono chiazze arancioni di origine ignota che per meccanismi ancora da chiarire, talvolta si osservano su sopracciglia, muso e sottocoda di soggetti roano marrone – ma che sono trasmesse anche dai bianco arancio addosso ai quali è difficile distinguerle – e che rappresentano un difetto da squalifica per lo Standard di razza. Per ridurne l’incidenza è importante che i soggetti che le mostrano non vengano messi in riproduzione. Ma neanche al centro di inutili cacce alle streghe.
Tonaca di frate: tassativa nella severa selezione della famiglia Ranza due secoli or sono, è ancora oggi la tonalità da preferire nei mantelli marroni in generale. Si tratta di un marrone caldo e chiaro che anticamente ricordava la tonaca del frate e che oggi si può paragonare al colore del cioccolato al latte.
Patologie
Dermatite: irritazione della pelle di varia natura e manifestazione, nonchè una delle problematiche storiche legate alla razza. Oggi meno diffusa grazie ad un’ottima cernita dei riproduttori, può tuttavia emergere per cause genetiche o allergiche, legate all’alimentazione e/o allo stile di vita.
Displasia: non così frequente nel bracco, è un’incongruenza che può interessare le articolazioni del gomito e dell’anca. Si tratta di una patologia a forte base ereditaria, determinata però anche da fattori ambientali e da un’alimentazione sbilanciata durante il primo anno di vita del cane, durante il quale, in caso di zoppia o difficoltà nella deambulazione è consigliabile procedere con accertamenti radiografici. [Disciplinare ENCI]
Torsione di stomaco: è la più grave emergenza veterinaria che può attentare alla vita dei nostri cani nonchè una delle più frequenti cause di morte. Lo stomaco si dilata dopodichè, per una serie di concause non ancora accertate, ruota su se stesso con conseguenze catastrofiche su tutto l’organismo, che senza un soccorso repentino irrimediabilmente collassa. Le accortezze per evitarla sono molte, il modo per prevenirla del tutto è solo uno: la gastropessi preventiva.
Gastropessi: consiste nel’ancoraggio della parete dello stomaco all’addome per impedirgli di ruotare su sè stesso. Un intervento ormai di routine nelle razze di taglia grande, in cui la torsione ha un tasso di mortalità altissimo, che vale la pena di essere tenuto in considerazione per tutelare la vita dei nostri bracchi.
Bibliografia
Cinofilia venatoria di Paolo Ciceri
Sunto delle lezioni di zoognostica canina di Giuseppe Solaro
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