Va bè adesso non esageriamo, non è che noi di Certificati di Attitudine al Campionato c’abbiamo un’esperienza che gli altri li asfaltiamo, però Ulisse qualche soddisfazione sul ring l’ha regalata, a noi in quanto membri del suo staff brillanti della sua luce riflessa, ma soprattutto al suo Allevatore.
Non c’è alcun merito infatti, nel ritirare un diritto di monta e portarlo alle stelle: ci si limita a scommettere su un cucciolo di 70 giorni verso il quale si ha semmai l’onere di crescerlo al meglio per valorizzarlo – e in questo Andrea ha fatto un lavoro eccellente – ma la vera vittoria sta nella scintilla della creazione.

Come si costruisce un soggetto come Ulisse, un C.A.C. su 4 zampe?
Beh, bisognerebbe chiederlo ad Antonio Casamassima, ma per quello che mi riguarda gli ingredienti sono: in primo luogo la competenza dell’Allevatore, intesa come l’applicazione concreta della teoria a situazioni complesse quali la creazione nuova ma fedele al vecchio di una forma di vita selezionata nei secoli, sfruttando le proprie esperienze maturate sul campo ma anche e soprattutto lo studio delle linee di sangue, la conoscenza diretta dei soggetti, un pizzico di fortuna e una completa, spassionata fiducia nelle leggi dell’ereditarietà.
Quest’ultima infatti è appannaggio della genetica e la genetica è quella cosa meravigliosa per cui mentre i miei genitori e mio fratello vantano 12 decimi ma un mio bisnonno era leggermente miope, io sono ciecata come una talpa.
E’ anche il motivo per cui siete biondi, per cui avete le lentiggini, per cui siete la fotocopia sputata di vostro padre ma avete gli occhi di vostra madre, per cui siete tappi, per cui avete l’intestino pigro.
Per dire che il DNA è impietoso e non ambisce per forza al miglioramento oggettivo, per questo bisogna saperne fare un uso consapevole.
Il codice genetico sta anche alla base del fatto per cui da due bracchi con la coda amputata continueranno a nascere cuccioli con la coda lunga, per cui da due esemplari bianco aranci nasceranno sempre e solo bianco aranci e così via.
La genetica è il Bing Bang del darwinismo, della vita che si migliora e si perpetua all’insegna dell’adattamento, ma è anche il ground zero della selezione artificiale operata su esseri viventi creati dall’uomo, quali il cane.
Quando un allevatore competente, che è prima di tutto un selezionatore, si trova a dover scegliere quali soggetti mettere in riproduzione, deve valutare una serie di aspetti che rendono una determinata razza quello che è.
Rafforzare quei caratteri che la conservano fedele a se stessa, depurarla delle pecche che la peggiorano.
Nel caso del bracco italiano si potrebbe (non sono un’allevatrice quindi il condizionale è d’obbligo) pensare di perpetuare la docilità, la passione venatoria, l’istinto per il selvatico, la predisposizione alla cerca, alla ferma e al riporto, la resistenza, il collegamento col compagno di caccia bipede, il consenso, il trotto naturale.
Il tutto evitando un’eccessiva consanguineità, mentre si tiene conto della personalità del cane non considerando i soggetti naturalmente propensi all’aggressività, timorosi dello sparo, dell’uomo e degli altri animali.
Per valutare certi caratteri, occorre senz’altro una profonda conoscenza della materia, bisogna aver visto molti soggetti sul terreno, averli esaminati di persona, saggiato la loro psiche insomma, bisogna esserci dentro e saper fare i conti col passato “sporco” che a volte ritorna.
Ma se per la trasmissione delle doti innate serve mestiere e un po’ di fortuna alla lotteria genetica, per le doti morfologiche i giusti binari sui quali direzionare il proprio lavoro, sono dettati dal Verbo dalla cinofilia moderna, il testo specifico per ogni razza: lo Standard.
Che cos’è lo Standard?
Per capirsi, prendiamo ad esempio due individui celestiali che devono quasi tutto alla variabilità dei propri alleli: Jhonny Depp e Ulisse di Casamassima.
I loro fans sono in tutto il mondo, il numero di donne conquistate da entrambi è vergognoso, e a parte il fatto che uno recita e l’altro abbaia, c’è da dire che mentre il primo è bello perchè piace, l’altro piace perchè è bello.
Jhonny Depp infatti, non è oggettivamente venerato da tutte (pazze!) dato che nessuno è mai riuscito, nonostante i tentativi di qualcuno a inizio secolo scorso, a fissare un canone universale di bellezza dell’essere umano (e meno male, altrimenti la maggior parte di noi sarebbe ampiamente fottuta).
Ma se negli esseri umani la bellezza è ancora una questione puramente soggettiva, per gli animali selezionati dall’uomo – ad esempio cani, gatti, cavalli- sono state redatte una serie di regole, lo Standard appunto, per fissare le peculiarità che rendono un soggetto più o meno apprezzabile, più o meno vicino a quello che la razza si aspetta da lui.
Ulisse quindi è bello perchè è tipico, e lo si definisce tipico intendendo che le sue caratteristiche morfologiche lo identificano come un degno esponente di razza.
Insomma un bracco italiano coi controcojoni.
Per chiunque desideri allevare o frequentare l’ambiente delle competizioni di bellezza, lo standard è imprescindibile, pena una grossa delusione oltre che un pessimo servizio alla selezione della razza.
Per quelli che invece delle esposizioni se ne infischiano, lo Standard non è di primaria importanza, ma è mia opinione che il bracco italiano meriti di essere apprezzato per quello che dovrebbe essere e perchè così sia, va conosciuto nei minimi dettagli.
Ecco che allora, con l’aiuto di uno che lo standard non lo conosce ma lo incarna (quasi) perfettamente, vi spieghiamo come ci si aggiudica un 1* Eccellente C.A.C. ovvero:
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