di Andrea Vaccari

Un plumbeo pomeriggio di una domenica ottobrina.
L’immobilismo del cielo grigio parebbe contagioso e allora per vincere l’abbiocco post pranzo, propongo a Giulia di fare 2 passi nei campi vicino a casa, portando con noi Ulisse e il fucile, insomma uscendo a caccia.
Presto fatto, caricato il bracco e infilati gli scarponi, dopo 5 minuti d’automobile stiamo già camminando nei prati. Il posto non è bello, è un residuo di Pianura Padana chiuso tra case, strade, ferrovia ma è un giro comodo e non impegnativo senza contare che negli ultimi anni, questo angolino di territorio cacciabile mi ha riservato qualche bella sorpresa.

L’idea sarebbe quella di cercare un placido Beccaccino o un altro sventurato animale che potrebbe andare bene ad Olena per realizzare qualche bel riporto.
Sto ancora procedendo con il fucile aperto quando Ulisse dà inequivocabili segni d’avvertire qualcosa. Spiego a Giulia il lavoro che il bracco sta svolgendo e nel mentre carico l’arma. Il cane sta riavvolgendo il filo d’emanazione lasciato da un selvatico, sembra danzare, morbido sulle zampe, tartufo a mezzaria, rallenta sempre più l’andatura fino a fermarsi immobile con di fronte il nulla.

Il terreno sui cui Ulisse è in ferma potrebbe ospitare di tutto, dalla lepre al fagiano, dalla pernice alla quaglia. E’ una vecchia stoppia arata su cui è nato un po’ di sorgo e qualche altra pianta. Tanti animali vi trovano da mangiare.
Capisco che l’animale, qualunque cosa sia, si sta spostando di pedina, perchè nello stile di Ulisse quando ferma così, “l’animale è lungo”. L’invito a guidare per accorciare le distanze e lui cautamente si muove.

Vorrei andare a servire il cane, ma quando mi avvicino  vedo in prospettiva un simpatico vecchietto che guarda incuriosito nella nostra direzione.
E’ lontano 200-300m ma non sparerei mai nella sua direzione, quindi non mi resta che aspettare e sperare che il faccendone di turno si sposti. Passano i minuti e il tipo finalmente realizza che potrebbe essere non salutare la sua presenza proprio di fronte a noi. Piano piano torna alla sua bici ed esce dal nostro campo visivo portandosi alle nostre spalle.
Ovviamente con la velocità di un 90enne.

I minuti in questo frangente sembrano ore.
Uli è sempre in ferma, immobile.
Giulia è al mio fianco attenta e incuriosita dallo scoprire cosa partirà davanti al bracco e scatta foto a randa. Finalmente posso far concludere, non c’è più nessun impedimento, quindi incito il bracco a risolvere l’azione.
Uli fa due metri e un cattivissimo fagiano parte colcando. E’ destabilizzato dalla nostra presenza, vorrebbe volare verso di noi ma le nostre figure l’intimoriscono ed è costretto a cambiare programma puntando un’altra traiettoria. Gli lascio qualche metro e se con la prima lo scarseggio, con la seconda termino le sofferenze del povero pennuto che cade inerte al suolo. Ulisse va e riporta, come suo solito, questa magnifica regale preda.

Un inizio con i fiocchi!
Segno sul libretto la preda e si riprende il giro che ci vedrà camminare per un altro paio di orette senza trovare altro se non un beccaccino molto scoglionato che parte da un canalone senza lasciarci fermare.

Non imbraccio nemmeno e continuiamo con il giro finchè all’imbrunire voltiamo il senso di marcia e ci dirigiamo all’auto, anche se Ulisse vorrebbe continuare a cacciare ancora e fa orecchie da mercante deliziandoci con il suo trotto spinto che può sfoggiare in questi terreni pianeggianti.
E noi lo lasciamo fare, che è sempre un bello spettacolo.

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