In questo episodio dello Scaffale Cinofilo non si parla strettamente di Bracco Italiano ma del cane, nella sua natura e nella nostra smania di comprenderla per essere capaci di gestirla al meglio.
E visto che dopo le feste il piatto piange, i titoli che vi propongo sono tutti scaricabili in formato ebook (come li ho letti io) per meno di 10€.
Venghino siore e siori!
Ascolta il tuo cane – Jan Fennell
Trovandolo in vendita dappertutto – anche su Vinted – ho deciso di leggerlo per capire come mai così tante persone ci tenessero a sbarazzarsene.
Col senno del poi, qualche indizio ce lo da il sottotitolo:
Un nuovo metodo per comunicare con l’amico a quattro zampe.
Un libro indispensabile per chiunque abbia un cane.
Solo che dalla pubblicazione sono passati 20 anni e non si può dire stia invecchiando benissimo.

Il taglio è quello dell’autobiografia, in cui l’autrice ci racconta come abbia imparato ad interagire coi suoi numerosi cani osservandone i comportamenti e paragonandoli a ciò che avviene nel solito branco di lupi, per tirare in ballo grandi classici quali supremazia, dominanza, gerarchia, coppia Alpha e il capobranco che, francamente, cominciano a uscirmi dagli occhi.
Al di là dei concetti espressi e dei consigli elargiti – magari rivoluzionari per chi non abbia mai visto un canide neanche in televisione – non nascondo di aver fatto molta fatica a finirlo, soprattutto per una questione di stile narrativo che, sotto diversi aspetti, mi ha riportato a La vita segreta dei cani, ed è un’esperienza che mi sarei risparmiata.
Se invece siete amanti del genere e disponete di un abbonamento Amazon, potete addirittura leggerlo gratis su Prime Reading.
Cinofilia al femminile – Paola Maida
Mi sono avvicinata a questo libro con curioso scetticismo, convinta di trovarlo farcito di boiate sessiste, ma sono stata completamente smentita e sono qui per testimoniarlo.
Cinofilia al femminile è un testo non banale, scritto (bene) da un’educatrice che, all’insegna dell’informalità e senza alcuna supponenza (evento rarissimo!) spiega alle donne come approcciarsi in maniera equilibrata e consapevole a colui che è già (o diventerà) l’oggetto di un amore talmente incondizionato da considerarlo alla stregua di un figlio, da accudire come fosse un bambino fino a dimenticare che invece si tratta di un cane.
Non è però al clichè dicotomico “i cani non sono baNbini!1!”, che si vuole andare a parare.

Al centro di un discorso sull’empatia nei riguardi del migliore amico dell’uomo, c’è la figura della donna, dei superpoteri che ci rendono più affini al cane di quanto a qualunque maschietto farà mai piacere ammettere, ma anche di quei meccanismi psicologici che possono subentrare per istinto e che dobbiamo necessariamente superare per diventare, oltre ad una mamma che protegge, anche una madre che guida.
E’ un dualismo innato e naturale, che un uomo può senz’altro comprendere ma che l’universo femminile sperimenta su frequenze diverse che, se non ben sintonizzate, possono essere alla base dei più comuni problemi di gestione del nostro cane.
Opere come questa, pur non introducendo nessun concetto avanguardistico, rappresentano una buona occasione per riflettere con leggerezza sul concetto di amore e di come questo non possa prescindere dal capire chi è il nostro cane, quali sono le sue motivazioni di razza e cosa noi possiamo fare per realizzare la sua idea di felicità, imparando che non sempre coincide con la nostra.
Dritto al cuore del tuo cane – Angelo Vaira
Avrebbe potuto essere davvero un bel libro dedicato ad aspetti psico-filosofici della natura canina e a come questi possano aiutarci a gettare le fondamenta di un mondo migliore, e invece finisce per essere un manuale di indottrinamento (Think)dogmatico, leggermente altezzoso, radical chic, ingessato su certe posizioni e autocelebrativo ai limiti dell’onanismo, contenente spunti interessanti ma più che altro un botto di deliri di onnipotenza.
Ma andiamo con ordine.
“Sebbene non consideri i cani dei beni di proprietà, sono stato costretto a usare espressioni come “proprietario”, “avere un cane”…”
E poi.
“Sebbene io riesca a ottenere dai cani ogni sorta di comportamento, non mi definisco un addestratore (…) la definizione più adatta al mio lavoro è quella di agevolatore della relazione con il cane.”

Così si introduce l’autore del libro, ovvero Angelo Vaira – io vivo dentro le piattaforme di streaming, ma forse voi ne avrete già sentito parlare attraverso programmi televisivi, canali Youtube, libri appunto, sponsorizzate sui social, cammini spirituali e corsi di formazione costosissimi tutti griffati Think Dog, un metodo new age di addestramento – pardon – di agevolazione alla relazione col cane, che prende rigorosamente le distanze sia dalla scuola tradizionale che dal gentilismo, ribellandosi al concetto di capobranco/dominanza e condannando qualsiasi tipo di punizione fisica, per fare di noi dei sussurratori capaci di educare il cane a suon di rinforzi positivi e tanta empatia.
Sulla base di tale premessa, la genialità di questo capolavoro del marketing cala il primo asso, poichè chiunque si professi amante degli animali e osi mettere in discussione la bontà dell’assunto di cui sopra, si autodenuncia come sadico (e probabilmente cacciatore) che dovrebbe smettere di vivere nel Medioevo e riconsiderare le proprie posizioni – magari rivolgendosi a Think Dog per trovare redenzione.
Personalmente ritengo che il muro portante della Vaira-dottrina, cioè pensare come pensa il cane guardando il mondo dal suo punto di vista, per sviluppare con lui un’intesa basata sulla fiducia e non sulla paura, sia molto bello ed un giusto presupposto dal quale partire per ispirare una nuova generazione di cinofili.
Però credo anche che la realtà sia più complessa di come l’autore s’impegna a vendercela.
E nonostante i ripetuti riferimenti al buddismo, alla psicologia, alla zooantropologia, alla neurolinguistica, alle neuroscienze, all’etologia cognitiva, alle terapie emozionali siano sicuramente molto affascinanti per noi che tutto sommato siamo degli zoticoni, rischiano di scoppiare come bolle di sapone al contatto con realtà diverse (ma altrettanto reali) di quelle proposte nel libro – che ovviamente ben si prestano ad essere risolte secondo il mantra dell’autore:
“La cosa più importante da sapere è che si può insegnare al cane qualsiasi compito senza mai dover ricorrere a urla, strattoni, punizioni fisiche e così via e, come dicevamo in precedenza, i professionisti più evoluti usano la pettorina al posto del collare.”
Perchè il collare oltre ai danni fisici produrrebbe traumi psicologici, al contrario della pettorina grazie alla quale, che il cane continui a tirare quando è legato, accade raramente.
Non solo.
A quanto pare avere un guinzaglio lungo 3 metri riduce drasticamente – se non elimina del tutto – il problema del cane che tira al guinzaglio.
Si potrebbe avanzare l’ipotesi che forse la lunghezza della corda disperde la tensione, per cui può sembrare che il cane tiri meno – ma io ho fatto Lingue, quello che studiava Fisica era lui.
Ci sarebbe anche il dettaglio (esposto anche in una nota a fine capitolo) che in Italia il guinzaglio può essere lungo al massimo 1 metro e mezzo, per cui se si vive in città e/o non si vuole prendere la multa, dovremmo rassegnarci a ritrovarci prima o poi spalmati contro un platano.
E poi, a chi non piacerebbe vedersi venire incontro un cane legato ad un guinzaglio di 3 metri col padrone praticamente in un’altra provincia?
Mi sembra un po’ una soluzione alla Medioman.
Non meno dell’invito a correggere un comportamento indesiderato usando un cordiale HA-HA piuttosto che un traumatico NO. Ma anche a fare in modo che sia il cane ad accreditarci, scegliendo per esempio di balzare da solo nel bagagliaio della macchina, senza che il pensiero di caricarlo contro la sua volontà ci attraversi le tempie.
“Nessuna imposizione solo libera scelta“.
Quello che penso io, che pur non avendo nessuna qualifica mi ritrovo tutti i giorni ad essere l’esorcista dei miei bracchi, è che tanto la mindfulness quanto l’assertività (che in nessuno modo equivale a coercizioni, scollarate e botte da orbi!) siano ugualmente necessarie a costituire un percorso educativo equilibrato.
E che tutto sommato sarebbe più semplice nonchè costruttivo riconoscerlo, piuttosto che ostinarsi a guardare la realtà indossando gli occhiali di un’ideologia che beneficia certamente chi la promuove ma raramente chi ne è oggetto.
Piacere di conoscerti – Elena Garoni
Dall’istante in cui la signorina della biblioteca ha strappato Lupi travestiti dalla mia presa kung-fu per riporlo sullo scaffale alla mercè di un babbano qualunque che mai potrà amarlo come l’ho amato io, vivo nell’attesa del giorno in cui mi ritroverò per le mani un libro della stessa caratura e se non equivalente, quantomeno equiparabile.
Con Piacere di conoscerti ci siamo andati vicino, ma purtroppo non è questo il giorno.
Intendiamoci, è un libro utile, però ci sono dei però.
Interessantissima la prima parte che introduce il cane sul piano etologico e dalla quale ogni appassionato dovrebbe attingere per imbattersi e metabolizzare termini cardine quali etogramma, arousal e motivazione di razza.
Notevolissima, perchè densa di informazioni e digressioni storiche la seconda parte, in cui viene passata in rassegna la quasi totalità delle razze canine, descritte all’interno della rispettiva macro categoria ma in molti casi anche singolarmente – come nel caso del Bracco Italiano – attraverso approfondimenti davvero aderenti e calzanti.

Però ridondante e pleonastico il disgusto dell’autrice per la caccia e i cacciatori. Magari altrove avrà strappato molti applausi, ma con me si casca male.
Però fastidiosi ed evitabilissimi i pareri personali circa la banalità dei Retriever e il paragrafo di bodyshaming sulla bruttezza dei Bouledogue Francesi.
Manco avessero potere decisionale in merito.
Però terribilmente superficiale il terzo capitolo dedicato ai meticci nel quale, in due paginette scarse, si prendono la selezione e l’allevamento, gli si appiccica sopra un adesivo con scritto “maltrattamento genetico” e si rispediscono al mittente, consigliando piuttosto – dopo tutta ‘sta carovana dedicata alla grandiosa opera che ha causato (causato?) la specializzazione dei cani di razza – di optare per un bastardino, che è più sano e unico al mondo, signora mia.
Ci sarebbe un però relativo anche al finale, nel quale si invita a lasciare liberi i cani per imparare quel che c’è da sapere su di loro, visto che le cose importanti non sono scritte sui libri.
Però penso che abbiate afferrato il mood.
4 stelle per l’importante lavoro intorno all’excursus canino proposto nella seconda parte del libro.
E perchè con Prime Reading potete leggerlo gratis.
Comprendere il linguaggio del cane – Valeria Rossi
Acqua nel deserto.
Nella vita non ho mai idolatrato nessuno e non comincerò adesso, ma se c’è qualcuno che ha sempre saputo parlare di cani, questa è Valeria Rossi.

Li ha allevati, li ha addestrati, li ha vissuti, li ha capiti e ce li racconta nei libri come nei suoi articoli proponendo sempre la sua esperienza ed il suo punto di vista – condivisibile o meno – sul mondo della cinofilia, senza che il suo ego prenda mai il sopravvento sulla divulgazione, sull’efficacia e la voglia di comunicare il suo amore per i cani, che con lei sì, sono sempre al centro.
Ricco di foto ed illustrazioni, puntuale e schematico quando serve discorsivo e leggero altrettanto, è un libro che ci infarina a tutto tondo sul cane, dalle origini agli stati d’animo fino alla relazione con noi ed i nostri figli, senza caricarci di alcuna pesantezza, mentre le pagine scorrono veloci sul filo dell’ironia didattica, della quale Valeria è stata Maestra indiscussa.
Se volete conoscere meglio il vostro cane e non sapete da dove partire, fatelo da qui.
Nelle puntate precedenti…
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