Sottotitolo: l’arte del riciclo.
I lettori più attenti, quindi probabilmente solo io, ricorderanno infatti che all’incirca un anno fa su BracchiReggiani veniva pubblicata una prima azzardatissima prova di PhotoPedigree, coronata dall’articolo che segue:
Tutti abbiamo un sogno nel cassetto.
Il mio, dalla scorsa settimana, era quello di imparare a schiaffare una tabella con tre colonne in croce su una pagina web.
Poi è successo che come per miracolo, a forza di alternare righe di codice a testate nel muro, sono riuscita a tirar fuori una roba un pò sghemba e interamente perfettibile che però, essendo stata partorita con dolore, amo come una figlia.
Per farla sentire meno sola ed inutile – in che altro modo puoi consolare una pagina in HTML?- ho pensato di rendere la mia prima creatura affascinante asservendola all’altro ambito d’interesse che allieta la mia gloriosa vita (la prima ovviamente è il web design) nel quale mi ritengo, se possibile, ancora più approssimativa: lo studio del bracco italiano.
E’ stato così che ho pensato di dare un muso a tutti quei soggetti che fanno giri immensi e poi ritornano nei pedigree di chiunque o perlomeno nei cani che piacciono a me.
Un modo come un altro, insomma, per aiutare noi poracci – già svantaggiati dall’avere un solo neurone left alive che si aggira per il cervello col tom tom impallato – ad orientarsi nell’universo braccofilo. Specie quello del passato che, se è vero che il sangue non è acqua, si riaffaccia spesso di prepotenza nei lineamenti dei bracchi moderni.
Dopo il PhotoStandard, nasce quindi il PhotoPedigree ovvero l’albero genealogico illustrato di Rosco, Ulisse e Olena, che per il momento si accontenta di esistere, coltivando la speranza di arricchirsi col tempo, magari straripando oltre le 4 generazioni canoniche.
Fine
All’epoca ero giovane (più giovane), ignorante (più ignorante), ma più che altro pigra.
Giulia Giulia Giulia, beata nullafacente d’altri tempi.
Per la cronaca, anche il mio archivio di foto bracche non era poi così fornito, quindi diciamo che col primo PhotoPedigree per quanto c’avessi provato, era venuta fuori ‘na mezza ciofeca. Oggi finalmente, grazie soprattutto all’evoluzione dei mezzi in mio possesso, sono in grado di portare alla vostra cortese attenzione la stessa medesima chiavica, però in abito da sera.
Perchè vedete, questo del Pedigree Illustrato, un pò come lo Standard Illustrato – e a breve mi verrà in mente qualche altra cosa, non importa cosa, purchè sia ILLUSTRATA – è un progetto nel quale credo tantissimo e che, scusatemi ma lo devo dire, mi sorprende nessuno abbia mai concepito prima – e se mi soffermo sul prima, è perchè dopo son bòni tutti. #L’hoinventatoiol’hoinventato
Cionondimeno, se per il PhotoStandard l’intento era essenzialmente auto-didattico (proprio nel senso che l’ho fatto per studiarlo e per farlo l’ho studiato), il Pedigree fotografico ha visto la luce con uno scopo molto più personale, se vogliamo anche frivolo: mettere insieme i tasselli del puzzle genetico di quei mangiapane a tradimento dei miei bracchi per, niente, contemplarlo.
Stamparlo, incorniciarlo, appenderlo al muro. La felicità.


Tutto bene finchè a un certo punto, sarà che ho usato una palette di colori più psichedelica di un silos di LSD, sarà che dentro di me c’ho un Alberto Angela che mi suggerisce un sacco di pessime idee, ne è scaturita una riflessione.
Mentre facevo i pidocchi all’Internet in cerca di foto dei nostri antenati, mi sono accorta che persino io, che notoriamente di bracchi non capisco un tubo, riuscivo ad identificare quei soggetti che “c’avevano del mio” ad occhi chiusi o peggio, senza occhiali – che poi sarebbe il contrario cioè i miei c’hanno del loro, ma non cominciate a farmi aprire ste parentesi, avete capito il concetto.
Questo perchè quando la selezione è fatta ad hoc e i caratteri vengono fissati attraverso accoppiamenti intelligenti, non importa quante generazioni ci metti in mezzo, il sangue lo riconosci dallo sguardo.



Perciò reputo ideone come il PhotoPedigree o il raccogliere e conservare le foto dei discendenti dei miei cani interessanti, perchè mi consentono di apprezzare l’operato della genetica attraverso i decenni.
Quanto dei cani del passato rivive oggi nei nostri? Quali caratteri si volevano fissare o acquisire usando un certo stallone?Come si fa la buona selezione dei soggetti? Si deve considerare di più il genotipo o il fenotipo?
Lavorare in consanguineità o in apertura?
Ogni allevatore ha la sua filosofia che, a ben guardare, emerge chiaramente dagli alberi genealogici dei bracchi che ha regalato al mondo, cosa che risulterebbe ancora più evidente – almeno sul piano morfologico- se uno avesse voglia di sbattersi e associare ai nomi (che per quanto altisonanti per il braccofilo del futuro so’ nomi e basta), delle fotografie.
Lavoraccio il suddetto che, se avete l’onore di essere figli/nipoti a noi, vi trovate già bell’e pronto.
Grazie Giulia. Ma prego, ci mancherebbe.
Emerge anche un’altra cosa: che il top della selezione si raggiunge quando il fenotipo del cane va almeno di pari passo col suo genotipo, in altre parole quando i caratteri che il cane palesa nell’aspetto esteriore sono (dovrebbero essere) anche quelli che trasmette.
Insomma, che il bel cane non sia frutto della sola sospirata botta di culo, che comunque fa sempre comodo, ma che la sua ereditarietà vincente sia conseguenza di un allevamento consapevole e dalla parte dello stallone e dalla parte della fattrice.

In questo senso ritengo che Rosco di Montericco sia stato un cane enormemente sottovalutato dalla braccofilia del nostro tempo, essendo stato usato pochissimo in riproduzione.
Prendete per esempio questi cinque bracchi e ditemi se non vi sembrano fatti con lo stampino.

Sono 5 figli di Rosco avuti da 3 cagne diverse: Ursula e Ulisse sono figli di Nube di Casamassima, Tinia è figlia di Velia, Gollum e Mosca sono figli di Pila di San Leo.
Non solo questi 5 cani sono fenotipicamente somigliantissimi, ma sono anche morfologicamente tipici, corretti, costruiti bene, colorati della tonalità di marrone più bella, espressivi, mansueti, caratterialmente equilibratissimi e dalle doti venatorie indiscusse.
Rosco era un gran cane da caccia oltre che un grande compagno di vita e il suo pedigree costellato di cani notevoli, per coloro che hanno avuto l’intelligenza di usarlo, si è rivelato in ogni occasione affidabilissimo.
Ecco perchè recuperare il suo patrimonio genetico per noi è così importante.
Ecco perchè gli Horcrux, genotipo e fenotipo, sono così importanti.
Sono gli ultimi discendenti di un progetto che seleziona “belli e bravi” da 8 generazioni e perchè nelle loro vene scorre una linea di sangue ben definita, pulita che quando riprende vita sa sempre farsi riconoscere.
