di Andrea Vaccari
Ci sono voluti esattamente 6 mesi e 21 giorni dopo il primo perchè Olena iniziasse il secondo benedettissimo calore.
Il sanguinoso evento era atteso, con già un’abbondante dose di sbattimento enfatizzata dal periodo prefestivo (misantropia portami via), per la metà di novembre, ma la piccolina ha pensato bene di tenerci in trepidante attesa per quasi un altro mese e sguinzagliare le interiora con calma, anticipando di un niente il Santo Natale.
Mi piace ricordare a me stessa la Santità della cosa, perchè negli improperi che son partiti quel giorno davanti alla prima macchia di sangue, al pensiero di doversi asserragliare VigiliaNataleSantoStefano in appartamento con miiiiiille parenti, 18 portate tra le quali bis di cappelletti & cacciucco con 3 cani isterici et ingrifati, di Altissimo c’era proprio poco.
La cosa alla fine si è svolta nella tranquillità e nella compostezza più assolute (il calore, non il Natale), vale a dire: perdite più brevi e meno intense della prima volta, Ulisse rilassato fino al 9° giorno poi fuori dalla grazia di Dio fino al 16esimo dopodichè festa finita e sayonara feromoni.
Il ciclo biologico ha tuttavia costretto la pulzella ai box dopo tre mesi d’intensa attività venatoria che, da quando gli impegni lavorativi si sono fatti più intensi e le occasioni per uscire decisamente più rade, è perlopiù intesa come caccia spudorata alla qualunque cosa – legalmente sparabile – che sfiori questa terra.
Ma la pausa forzata dopotutto è giunta al momento giusto poichè mi ha permesso di rifiatare e trarre qualche conclusione sulle doti, messe in scena finora, della mia giovane cacciatrice.

Da settembre a oggi, ho contato una quarantina di uscite e in ognuna di queste Olena è sempre riuscita a procurarsi l’incontro, spesso con animali di cui fino a quel momento non conosceva neanche l’ombra (vedi pernici rosse & co).

Ha dimostrato di avere un gran coraggio oltre ad una portentosa determinazione, non mollandoci mai, affrontando tutti i terreni con la medesima passione, passando dal bosco al prato, dalla montagna al palude, senza scomporsi, come un cane adulto navigato.

Terminate le giornate fisse (da settembre a ottobre in Emilia Romagna si caccia due giorni a settimana fino alle 13), ho poi iniziato a portarla fuori sempre da sola per metterla costantemente alla prova. Ebbene la piccola in ogni uscita ha continuato a migliorarsi e a crescere, a braccetto col mio entusiasmo, dimostrandomi di aver fatto tesoro di tutte le esperienze fatte.
Oggettivamente parlando, posso affermare di avere tra le mani una bracchetta in erba ma caparbia: cerca, trova, ferma e riporta, in più guida, accosta e facilmente trotta con stile ed eleganza come d’altra parte facevano suo padre, suo nonno e i suoi predecessori.
Il tutto senza essere aver mai conosciuto altro addestratore (pardon dresseur) al di fuori di me.
Dimenticavo, quando vuole è anche capace di volare.

Insomma.
Per renderle la giustizia che merita, Olena ha un importante, evidente bagaglio di qualità naturali che unite a una vivace intelligenza, fanno ben sperare per le giornate future.
Nelle uscite venatorie mi sono sempre imposto un rigido modo d’operare: cacciare assieme alla bracca senza aiutarla o incitarla per rendermi conto di cosa è capace di fare da sola, di come è in grado di concretizzare l’istinto.

Così facendo ho potuto notare un costante miglioramento nel modo di approcciare il territorio e la selvaggina, vedendola passare dalla voglia di correre a quella di trovare, imparando i trucchetti del mestiere come il capire quali siano i luoghi dove è più facile stanare certi selvatici e cosa occorre fare per arrivare a insidiarli.
Si è accorta di avere un naso e non si fa scrupoli ad usarlo, assecondando la sua spinta predatoria.
Cagna fatta? Assolutamento no.
Non siamo che all’inizio del suo percorso, ma io le ho promesso che farò il possibile per renderla un soggetto indimenticabile al pari dei suoi avi.
