Se trasferirsi è spostare il baricentro, il mio l’ho ritrovato a metà strada tra Reggio e casa, nel cuore dell’Appennino tosco emiliano, sul Monte Ventasso.

Non so dire cosa abbia di speciale, se il lago, la foresta o solo i ricordi – anche quello di una notte passata in tenda sulla cima battuta da una fortissima tempesta di vento, quando Ulisse lì per darci sicurezza e proteggerci, era stato l’unico a dormirsela della grossa per 6 ore filate, mentre Andrea sdrammatizzava ed io giuravo di non farlo mai più.
Alla fine, dalla primissima volta che sono stata qui, ogni scusa è buona per tornarci.
Stavolta non vedevo l’ora di farlo con Olena.

Da mesi pianificavamo una gita ma ogni santa volta a macchina carica e motore acceso, catastrofi atmosferico-veterinarie si abbattevano su di noi mandando alle ortiche i nostri piani.
Speravamo che almeno di domenica la sfiga fosse distratta e così è stato: scarponcini e outfit da boscaiolo infilati al volo, cani lanciati in macchina e via verso la montagna!

Arriviamo in tarda mattinata che il sole splende e l’aria frizzantina ci accompagna nella salita.

Olena ci precede, entusiasmata dalla miriade di odori e profumi sconosciuti, eccitatissima dalla nuova avventura.
Trainata da Ulisse – sennò ci lasciavo un polmone – in 10 minuti raggiungiamo il primo piano della scalata e il panorama non delude.
I faggi e gli abeti che si affacciano sul Lago Calamone, in autunno danno il meglio di sé.

 

Costeggiamo la riva, brillante di acqua cristallina. Per la prima volta notiamo le centinaia di pesciolini che lo popolano, nuotare indisturbati dalle mandrie di mucche al pascolo di cui oggi non c’è traccia. Anche di turisti se ne vedono pochi per cui sciogliamo i cani che subito corrono via guidati dal naso.

Ci avventuriamo su per un versante del monte condotti da Olena che si addentra nei cespugli, fa lo slalom tra gli alberi, ruzzola in discesa su cumuli di foglie secche.

 

E’ bello vederla annusare il vento, seguire gli uccelli in volo, tornare di corsa verso di noi una volta capito di aver perlustrato la zona dietro alla famiglia sbagliata.

Saliamo solo un po’ per non affaticare troppo Giulia Olena e ben presto il pensiero di gustose piadine farcite ci riporta sul lago, in tempo per l’ora di pranzo.
E’ a questo punto che realizziamo di aver portato a testa 2 litri di acqua ma di aver scordato a casa le crocchette dei ragazzi: per la gioia dei bracchi, non ci resta che dividere il pranzo!

 

Sdraiati al sole ci godiamo per un po’ la pace della montagna, mentre Olena sgranocchia bastoni e Ulisse scannerizza i passanti nella speranza di recuperare del cibo che non arriva.

Il silenzio rotto solo dal crepitio delle foglie sotto i piedi ci spedisce ad un passo dal nirvana, cancellando istantaneamente tutti i guai dell’ultimo periodo.
Il sole scalda ancora altissimo ma decidiamo di incamminarci verso casa per evitare il traffico.
Davanti a quell’esplosione di natura che muore però, cado in una trance fotografica che mi obbliga a fermarmi ogni 2 passi per immortalare i colori del cielo azzurrissimo, delle nuvole filanti, dei riflessi del lago.

E di lei ancora così piccola, che della natura sa già molto più di me.

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