A 4 mesi e pochi giorni Olena ha cercato, risalito e fermato il suo primo selvatico.
Selvatico vero, nessun surrogato d’allevamento, nessun giochetto imbarazzante con fiocchi di piume, stracci o penne.
Solo istinto naturale al 100%.
Questa è la precocità, una graditissima dote che lei ha come prima di lei avevano suo nonno Rosco e suo padre Ulisse, cani che senza avergli insegnato e imposto nulla a 4-5 mesi erano in grado di fermare selvatici in maniera del tutto naturale.
Perché ci tengo tanto alla precocità? Perché questa è la dimostrazione del valore di cui è fatto un individuo, poiché a quell’età non è stato soggetto a nessun addestramento quindi quello che fa, lo fa per puro istinto.
Questo dimostra che la caratteristica è genetica e si perpetua nelle generazioni, attraverso accoppiamenti mirati e non casuali.
Poi ovviamente non è che se il cucciolo ferma a 4 mesi il lavoro da effettuare è finito anzi, inizia tutto ora, ma ciò fa capire che le basi per fare bene ci sono e vanno sfruttate al massimo.

Il mio pensiero corre a tutti quei bracchi campionissimi che magari hanno fermato per la prima volta a 2 anni dopo aver ripetuto all’infinito l’esercizio nelle mani di un famoso dresseur.
Sono cani da mettere in riproduzione? Dove sono le doti naturali di questi soggetti?
Lascio a voi l’ardua sentenza e continuo a raccontarvi quello che stiamo facendo con Olena.
Il nostro lavoro non è addestramento, è un’educazione per far sì che la canina possa avere un comportamento corretto e ben equilibrato in ogni situazione che la vita le potrà presentare. E’ la stessa teoria con cui ho cresciuto suo nonno e suo padre, perché i miei bracchi non sono mai stati solo uno strumento per la caccia ma dei compagni di vita, con i quali ho sempre cercato di condividere tutto.
Questo non ha ostacolato in nessun modo la loro formazione di grandissimi cacciatori, poiché grazie alla loro intelligenza hanno sempre saputo distinguere il contesto in cui si trovavano e il come comportarsi di conseguenza e così da perfetti cani con cui andare a prendere un apertivo in centro storico assieme agli amici, sui monti non si sono mai risparmiati cercando in continuazione una preda.
Con Olena l’obiettivo è lo stesso e la speranza è di migliorare ancor di più i modi e la sua educazione viste le esperienze fatte da me e Giulia con i suoi predecessori.
Attualmente stiamo lavorando sui comandi base, con brevi sessioni in cui le facciamo fare alcuni esercizi senza annoiarla, il tutto condito da passeggiate. La bracchetta si sta dimostrando molto intelligente e ricettiva imparando con pochissime ripetizioni qualsiasi esercizio.
Oltre a ciò, spesso la porto a fare qualche “scampagnata” libera in mezzo alla natura, così che apprenda e si misuri con le prime difficoltà che un cacciatore può incontrare. Durante queste uscite non pretendo nulla, mi accontento solo di osservare e valutare l’allieva, osservandone il movimento, come procede e lo spirito con cui affronta gli ostacoli che può trovare sul suo cammino quali un canale, una siepe fitta, l’erba alta.

L’altro giorno dopo averla sganciata in un vigneto ho iniziato a risalire un poggio, cercando sempre di tenerla a buon vento. Lei era affascinata dalle emanazioni che entravano nelle sue piccole narici e si lasciava trasportare in accertamenti a testa alta, sempre controllandomi con un rapido movimento degli occhi per evitare di perdermi. Saliti in cima si apriva un campo di stocchi di mais ormai ricoperti di erbacce e dopo un primo momento in cui seguiva la mia direzione, prendendo l’ennesima ventata del giorno ha cambiato itinerario e ha iniziato a riavvolgere il filo di un’emanazione con estrema attenzione e perizia. Arrivata all’estremo del campo ha perso per un momento quel filo ma non si è persa d’animo e ha fatto una cosa importantissima: si è portata lontano da quel punto per rimettersi a vento e ripartire a seguire l’usta, sempre con la sua testina al vento.

Questa volta ha sgarbugliato il rebus, ed è entrata sempre trotterellando in un campo di erbacce dove dopo 5-6 metri si è arrestata a testa alta. Con il cuore gonfio di gioia, mi sono avvicinato quatto quatto a lei rassicurandola e appena ho aperto bocca, una veloce fagiana si è involata a una decina di metri davanti al suo naso, perfettamente indicata. Sorpresa e stupefatta, Olena è rimasta immobile a guardare la sua prima “preda”, poi a un tratto rassicurata dai miei complimenti, è partita come un razzo dietro alla fagiana ormai ben lontana. Dopo 10 secondi era di nuovo da me.
Una volta ripartiti la sua cerca era attenta ma allo stesso tempo focosa, quel nasino aveva capito cosa brama il cuore di questa piccola bracchetta.

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