Per quanto mi riguarda, l’autunno è l’unica stagione che valga veramente la pena di essere vissuta.
Con la storia dell’autosabotaggio pollinare primaverile, la sublimazione estiva e il cazzo di freddo invernale, il lasso di tempo che esisto tra le sere di fine estate e lo shopping natalizio, è quello che da sempre mi regala le gioie più grandi.
L’ ecatombe delle zanzare (fosse anche solo per questo), le 4 docce al giorno in meno, il giacchettino dopocena, la natura coi suoi colori, la ritrovata appropiatezza di un Ciobar a metà pomeriggio, la caccia, le nuove stagioni delle mie serie tv preferite, le giornate di pioggia su Amazon, le foto di Halloween.
Se questa non è vita.
Almeno finchè non arriva Nebbiembre, a braccetto con quella non più tanto silente voglia di traslocare versovunque, che ti coglie alle 7:30 di un martedi mattina e non ti smolla fino a Marzo.
Da quando vivo qui, Nebbiembre è senza dubbio il periodo peggiore a cui sopravvivere.
D’altra parte, se dal mare ti trasferisci nel cuore della Pianura Padana in autunno e superi senza (troppi) (gravi) danni psicologici il tempo delle nebbie, congratulazioni! ti attende una vita disagiata ma tutta in discesa.
Eppure, nonostante quest’anno l’arrivo di Nebbiembre abbia coinciso perfettamente con la metà del ben più noto Novembre, invece di asfaltarci psicologicamente as usual, ha portato con sè meravigliose, lunghe giornate scaldate da un caldo, preoccupante sole primaverile.
Purchè ci si trovasse oltre i 700 metri s.l.m. – che qui, ho scoperto, è sempre meglio di niente.
E’ più o meno a questo punto che l’abitualmente triste appennino Tosco-Emiliano si evolve nella nostra migliore occasione di ritrovare un equilibrio psicofisico, scalando montagne, fotografando bracchi a caso e/o perdendosi nei boschi appena imbiancati dalla prima neve.
La prima meta è stata la celebre – vi prego assecondatemi- Pietra di Bismantova: un enorme ferro da stiro roccioso che compare ad 1 ora di tornanti da Reggio Emilia, tutto preso a stagliarsi verso il cielo rubando la scena alle montagnole vicine.

Di pochi kilometri più vicina del mio amatissimo Monte Ventasso, è una location estremamente dog friendly, poco battuta in questo periodo e affrontabile fino alla cima da qualsiasi pigrona sovralimentata tipo me.
Anche perchè nei momenti di debolezza, posso sempre chiedere uno strappo ad uno dei 2 trattori qui sotto, ai quali la nobile arte del non tirare al guinzaglio (se lo tiene Giulia) è per la maggior parte del tempo sconosciuta.
Olena è una cagnolina tutta nervo, intelligentissima e per questo disciplinata solo quando ci guadagna.
Della sua tendenza al bullismo nei confronti di Ulisse ne ha fatto una professione, corre tutti i rischi e il pericolo è il suo mestiere.
E’ dotata di uno smisurato senso dell’avventura oltre che di una passione per le situazioni potenzialmente letali, alle quali ormai sono talmente abituata da poter affermare con risolutezza di aver raggiunto la pace delle extrasistole.
Per lei trovarsi in questi luoghi in cui il silenzio è rotto solo dalla selvaggina a spasso, è una croce e una delizia.
Lo stesso per noi me che non riesco a tenerla al Piede per più di 10 secondi.
Non smette mai di annusare l’aria, abbozzare un’improbabile tuffo dal crinale per approfondire la conoscenza di qualunque cosa si nasconda laggiù in fondo, fingere di aver completamente dimenticato le lezioni con la Zia Cristina ignorando i richiami, finchè qualcuno non prova a scartare un merendino.
La salita a chiocciola della Pietra richiede circa mezzora e, salvo qualche punto scosceso, la via è tutt’altro che difficoltosa…a meno che anche voi non abbiate un bracco di 35 kg a cui piace fare scherzi da prete, tipo tagliarvi la strada mentre scattate fotografie in punta di piedi sul vuoto o scivolarvi in mezzo alle gambe mentre effettuate la discesa della vita.
In quel caso occhio.
Durante tutto il percorso il panorama non fa che migliorare, i colori degli alberi, il verde dei campi sottostanti, l’azzurro del cielo completano l’opera, finchè non si arriva in vetta a più di 1000 metri s.l.m.
Il classico pic-nic con cane sbavante a 1 centimetro dalla nostra pizza, per metà già nell’esofago, accade senza intoppi.
Dopodichè, se non si soffre di vertigini e non ci si deve preoccupare del bracco burlone-omicida, ci si può avvicinare sull’orlo del precipizio, fare un bel respiro e scattare foto decisamente migliori di questa.